domenica 8 novembre 2020

MINDHUNTER: la serie tv sui serial killer


Questa serie tv Netflix del 2017 è basata su fatti realmente accaduti nei recenti anni '70. 

Qui la trama:

Il protagonista è Holden Ford, un giovane insegnante di negoziazione di ostaggi dell'FBI. Dopo che una negoziazione va male Ford si chiede se avrebbe potuto fare di più e soprattutto se l'uomo cattivo che si era sparato davanti a lui fosse nato così o così fosse diventato. Contatta quindi Bill Tench, del reparto scienze comportamentali ed insieme decidono di studiare le menti dei più perversi killer americani andando ad incontrarli direttamente nelle carceri. Ma a cosa servono quelle interviste? A capire se c'è uno schema comune dietro quei crimini efferati e se sia possibile creare dei profili (di possibili assassini) per aiutare la polizia nelle indagini. 



Il primo killer che incontrano è il gigante Ed Kemper, soprannominato l'assassino delle studentesse. L'uomo si rivela sorprendente sotto molti punti di vista: sia per l'imponenza fisica che per il fine intelletto, riuscendo quasi a manipolare Ford (e causandogli poi un potente attacco di panico). Ma Kemper è solo il primo di una serie di incontri che

rivoluzioneranno il modo di pensare della FBI. All'inizio la nuova tecnica di Ford e Tench (l'attore Holt McCallany) non riscuote successo: i poliziotti vogliono prove, schemi da seguire e fatti non teorie della mente ed intuizioni. Ma quando Ford e Tench aiutano la polizia ad incastrare alcuni violenti criminali il loro credito aumenta ed ottengono concreti aiuti per ampliare il loro nuovo reparto di ricerca, aiutati dalla professoressa di psicologia Wendy Carr (l'attrice Anna Torv).

La prima stagione è interessante mentre la seconda secondo me si è arenata troppo a lungo sul killer dei bambini di Atlanta perdendo ritmo e facendo calare l'interesse. Rimane misterioso il continuo riferimento all'uomo coi baffi che si masturba soffocandosi vestito da donna. Si intuisce che si tratti di BTK che probabilmente tratteranno più approfonditamente nella terza stagione di Mindhunter che però non si sa ancora se effettivamente la faranno!

Perché vedere Mindhunter:

  • si ispira a fatti realmente avvenuti
  • interessanti teorie della mente
  • scorci di un'America che non c'è più
  • nostalgia anni '70
Nella seconda stagione in verità per me la cosa più inquietante non è stata l'intervista a Manson o i fatti di Atlanta ma il coinvolgimento del figlio adottivo di Bill nell'uccisione di un bimbo tramite crocifissione. Quello si da brividi.
In Mindhunter si accenna all'omosessualità femminile (la psicologa Wendy) e soprattutto a come il contesto familiare possa influenzare in modo decisivo lo sviluppo della personalità delle persone (quasi tutti i killer intervistati non avevano il padre e le madri erano spesse persone violente fisicamente e/o verbalmente oltre ad essere aride emotivamente). 
Mindhunter ha il merito di non fornire mai giustificazioni all'operato di criminali feroci nonostante il loro passato problematico ma di far chiedere allo spettatore: sarebbe potuta andare diversamente?

Il protagonista di MindHunter è interpretato dall'attore Jonathan Groff che a me non è piaciuto troppo (anche se interpreta abbastanza bene il ruolo della persona "strana"). 


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