venerdì 27 gennaio 2012

Pendolorando*


Recenti studi hanno dimostrato che le persone che per motivi di studio o di lavoro fanno i pendolari soffrono di: attacchi di panico e stati d’ansia; hanno meno amicizie, sono maggiormente insofferenti rispetto alla media e oltre a vivere peggio…vivono anche meno!
Se ci tenete a me, dovreste preoccuparvi perché quest’anno anche io sono una di loro.
Tutti i giorni affronto la temibile linea Milano-Mortara per raggiungere Vigevano e i disagi sono all’ordine del giorno.
A fine estate non si presagiva nessun disguido anche se ogni tanto si trovava qualche carrozza con il riscaldamento acceso. Con 35° fuori, riscaldamento acceso. Chi riusciva a non svenire, cercava una carrozza dove (in mancanza di aria condizionata) ci fossero almeno dei finestrini. Nada. O caldo infernale da riscaldamento o caldo da tappati dentro come topi.
Con il cambio della stagione ero fiduciosa e pensavo: “Se quest’estate andavano i riscaldamenti significa che il sistema va e quest’inverno non avrò mai freddo!”. L’inverno, fortunatamente mite, è arrivato e le mie aspettative sono andate in fumo quando preso possesso di un sedile blu dopo ardua lotta, dal bocchettone vicino al finestrino è uscito un getto inspiegabile di...aria fredda. Non ci potevo credere. Via il giubbotto non perché la mamma diceva che al chiuso ci si deve spogliare se no quando si esce poi si sente più freddo, no! Via il giubbotto per tamponare spifferi lunghi un metro! A volte fa tanto freddo che davvero sembra di essere circondati da una mega spruzzata di ghiaccio secco.
Il bello però è quando ti svegli ogni mattina all’alba.
Per arrivare in ufficio (Milano – Centrale) alle 8.30 devo prendere il treno delle 6.46. Avete letto bene: 6.46. Quasi due ore prima per un viaggio stimato in 32’ da Vigevano a Porta Genova e 20’ da P.ta Genova a Centrale.
È giusto che tutti sappiate che…
C’erano una volta dei treni con i seguenti orari:
6.46/7.08/7.40/7.51 e così via.
Quello delle 7.08 era comodo e vivibile per chi doveva iniziare a lavorare prima delle 9 ma un bel giorno le ferrovie hanno pensato bene di farci un regalo e? L'hanno cambiato e gli hanno comandato di passarci a prendere alle 7.22. Quell’orario era rischioso per gli obbligati delle ottopuntotrenta, bisognava prepararsi a grandi corse una volta giunti alle porte di Milano ma, per rendere l’avventura ancora più interessante, han fatto si che (non si sa per quale motivo preciso) non si partisse mai prima delle settepuntotrenta! Arrivare alle 8.30 in ufficio diventava un’impresa, solo pochi hanno osato sfidare lancette e datori di lavori e i più…si sono riversati in massa nel trenino prima, il tremebondo seipuntoquarantasei.

A volte sembra quasi un gioco, uscire di casa con il cielo ancora che sembra notte e ritrovarsi dietro la linea gialla in un numero che neanche a Loreto alle cinque di pomeriggio. Sei lì che sbuffi nuvolette bianche di freddo e cerchi di azzeccare il punto più vicino alla futura apertura delle porte mentre studi le strategie più disparate di arrembaggio. Le più famose sono quelle dette del gatto e del blocco.
La prima consiste nel farsi amico il gatto, soggetto di bassa statura e dalle mosse sinuose che poco prima che si schiudano le porte riesce ad isinuinarsi tra le crepe della massa informe e a fare breccia nella carrozza andando ad accaparrarsi più posti possibili per sé ed il suo branco.
La seconda strategia è quella del blocco ovvero affiancarsi a qualche spalla amica, fare braccetto ed avanzare verso le porte senza cedere di un millimetro rimbalzando le iniziative degli spintonatori che pressano da ogni dove.
Una volta saliti in carrozza si passa di livello e si arriva alla delicata scelta del destra o sinistra. E’ una scelta dura che si basa sulla fiducia. Il primo che sale cerca di isolare il suo orecchio da tutti i suoni tranne che dalla voce del suo branco che gli dice che direzione prendere in base al flusso di marea che si vede da giù (ma non da su). Dopo aver captato la direzione, ci si tuffa verso il lato prescelto e si punta al sedile più vicino e libero. L’ostacolo sta nel fatto che gli amici giù sono come uomini in borsa durante un rialzo: tutti gridano le direzioni e c’è anche chi fa il doppiogioco del mimare le voci vicine per sviare il gatto avversario.
Passati 9 secondi se sei ancora in piedi hai finito il gioco: passerai tutto il tragitto in piedi.
A volte va bene, provi anche a riprenderti il sonno tirando giù il cappellino fino agli occhi. Altre va male e se guardi fuori dai finestrini sembra una congiura! La nebbia è così spessa che non vedi nulla, ti sembra quasi di sferragliare tra le nuvole – ma quando sei sul ponte del Ticino non è così romantico.
Al ritorno è una lotta uguale. Perdere un metrò può significare viaggio in piedi e se è possibile è ancora peggio che di mattino poiché si ha una giornata di lavoro sulle spalle. Spesso qualche vagone è inutilizzabile, il riscaldamento è solamente a fiato, un posto è libero ma…”prenotato” e magari ti bloccano per mezz’ora ad Albairate perché hanno investito un cinghiale. È capitato anche questo!
Ci vuole coraggio per affrontare ogni nuovo giorno con un sorriso.
Dopotutto non può essere uno scadente servizio ferroviario a rovinarti la vita ma se ti fa arrivare tardi a lavoro, se ti fa avere richiami, se ti fa perdere coincidenze, se ti fa prendere freddo, se ti fa perdere mattinate intere…a volte è dura fare finta di niente. Non è neanche facile svegliarsi prestissimo e sapere che se vuoi sederti, come tuo diritto, dovrai sgomitare od ingaggiare un incursore per farti spazio tra la folla ma…sono consapevole che le “tragedie” della vita sono davvero altre.
Intanto posso confessarvi di avere un pen frien in più: ogni giorno mi scrivo con il servizio di reclami Trenord, fino a quando non mi bloccheranno in non so che modo…segnalerò ad uno ad uno i disagi che un pendolare deve sopportare…pendolorando!



*In enigmistica, la sciarada è un gioco che consiste nel costruire una parola come formata da più parole giustapposte. Nel caso di specie: pendolare+dolorando


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