venerdì 12 agosto 2016

Atleti incompresi

Mai come durante questa Olimpiade ho sentito atleti confessare i loro più intimi sentimenti. Non solo per infortuni o sconfitte ma anche dopo vittorie così faticose da essere stati svuotati.
E può sembrare paradossale, per qualcuno che non ha mai fatto sport, leggere le interviste di questi atleti famosi che dichiarano di
essere perfino arrivati ad odiare il loro sport.
Sarà che sono cresciuta (altro temine per dire invecchiata) e capisco maggiormente i loro sforzi, le loro rinunce, i loro dolori.
Uno spettatore vede solo lo show ed il risultato. Guarda un match con coca e patatine in mano ed è poco diverso da uno spettatore di duemila anni fa al Colosseo: vuole rimanere impressionato, vuole che nell'arena si vedano cose eccezionali ma che soprattutto si sputi sangue.
Gli atleti di oggi vengono visti come privilegiati che vivono giocando mentre le persone comuni sgobbano in ufficio (neanche tutti lavorassero invece in miniera).
Quando qualche atleta toppa una competizione si sente dire di tutto, ma le critiche peggiori arrivano da quelli che come unica motivazione alle loro offese rispondono così: si ma quanto guadagnano? Un atleta di livello mondiale arriva ad allenarsi anche 10 ore al giorno. E’ quasi perennemente a dieta. Si alza presto e va a letto presto. Rinuncia al beach volley con gli amici, allo sci a capodanno. Un atleta di livello fa sport per lavoro ed è qui che la gente non capisce la fatica. Prendono bei soldi certo ma sono quasi sempre alle prese con dolori fisici, lontani dalle famiglie e gli amici forse li vedono via Skype.
Da un atleta si pretende sempre la perfezione, solo per il fatto che… non ha un lavoro come tutti gli altri. Eppure sono sicura che uno qualsiasi di tutti gli haters che ci sono in giro, messo un giorno in piscina ad allenarsi come la Pellegrini, scapperebbe a gambe levate dopo mezza giornata.
Mi ha fatto tenerezza la Cagnotto che ha dichiarato di essersi sentita scarnificata dalla preparazione per questa olimpiade. Una ragazza famosa, che ha vinto tantissimo, che è un modello di educazione e sport pulito che ha espresso un disagio che pochi hanno il coraggio di mostrare.
Qualche anno fa aveva fatto scalpore il libro di Agassi in cui il famoso tennista dichiarava di aver odiato il suo sport. Tutti almeno una volta si sono chiesti: ma come è possibile? Lui così bello, così famoso, così vincente? Poi leggi e scopri che il padre al posto di regalargli una macchinina telecomandata gli aveva creato una macchina – mostro sparapalloni che gli metteva davanti per infinite ore al giorno. C’è un’immagine che a ripensarci mi inquieta ancora: lui nel campo opposto alla macchina, circondato da centinaia di palline che doveva continuare a cercare di ribattere (e nello stesso tempo doveva stare attento a non farsi male con tutte le altre  da cui era circondato).
Lo sport che diventa incubo.
Pochi giorni fa Federica Pellegrini è arrivata 4° nella sua gara: i 200 mt stile libero. Si sono aperte, come sempre quando c’è di mezzo lei, centinaia di polemiche. La Pellegrini paga il fato che è una donna. Forte. E poco solare. A me è sempre sembrata sulle sue: mai una risata spontanea, rilassata, sempre super controllata e critica. Ma l’ho sempre trovata fortissima. Un’atleta come lei non si può discutere. Eppure? Eppure la Pellegrini sembra davvero poco amata, la gente è sempre pronta a “spararle” addosso. Finita la gara, la logica e cocente delusione: smetto qui. Il giornodopo dice: il nuoto però rimane la mia vita. Contraddittoria? No: umana. È logica la delusione olimpica. A 28 anni, è difficile che potrà tornare a vincere a questi livelli ma soprattutto che potrà avere la voglia di affrontare altri 4 anni di allenamenti di questo livello. Lo sa anche lei. Ma sa anche che il nuoto, nonostante quello che può apparire dalle interviste e dalle pubblicità, è la sua vita.

Anche se dall'estero, l’ho vista sventolare la nostra bandiera e sembrava così felice e devo ammettere che sono stata davvero orgogliosa di aver avuto una portabandiera così. Me la ricordo ragazzina sul podio ad Atene 2004, più di dieci anni fa. L’ho vista crescere in tv e non posso avere la presunzione di conoscerla ma da sportiva posso immaginare quanto le è costato ogni suo successo. Non so se è pronta per smettere, non credo che nessuno atleta lo sia mai nel suo cuore. Le auguro solo di riuscire a tornare in piscina come la prima volta che l’ha fatto: con solo la gioia, l’amore ed il divertimento per il suo sport.

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