venerdì 31 dicembre 2021

Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia

di Zerocalcare

Un libro di Zerocalcare è un po' come il pane per noi italiani: non può mai mancare in tavola. Peccato solo che ultimamente abbia preso l'abitudine di pubblicarlo in prossimità del Natale facendomi venire il dubbio che l'uscita dell'ennesimo tomo sia più un'esigenza contrattuale che un'urgenza di creare.

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E l'impressione mi è rimasta anche dopo aver finito di leggere "Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia" che è composto da quattro racconti precedentemente pubblicati su varie riviste (come Internazionale e L'Espresso) e solo uno è completamente inedito: Il Castello di cartone che racconta di come è stato creare una serie televisiva per Netflix (Strappare lungo i bordi).

Il primo racconto si intitola "Lontano dagli occhi lontano dal cuore" e tratta della situazione delle carceri italiane durante la pandemia e delle rivolte che ci sono state al loro interno di cui io ammetto di non aver mai saputo nulla. Nell'immagine qui a destra qualche dato di "una guerra che ci scorre accanto, nascosta solo da un muro". 

Il secondo racconto, intitolato "Romanzo sanitario" tratteggia una storia  di (mala) sanità territoriale ovvero della chiusura di Villa Tiburtina, per anni ASL di una zona di Roma, che non è stata più ripristinata e che ha visto invece proliferare nelle vicinanze centri privati "col risultato che l'ambulatorio pubblico più vicino sta a chilometri di distanza e che per accedere alle cure primarie, o per fare cose di prevenzione, tipo un pap test, devi fà una corsa ad ostacoli in giro per la città, che può durare mesi". 

Il terzo racconto si chiama "La dittatura immaginaria" e contiene 10 cose banali messe in fila sulla cancel culture

Il quarto racconto si intitola "Etichette" e ci accompagna nel viaggio dell'autore nel

campo profughi di Makhmour, sicuramente il racconto più difficile e delicato che apre gli occhi su una tragica realtà sconosciuta ai più. 

Infine "Il castello di cartone", le tavole dedicate alla spiegazione di come è stato fare una serie animata per Netflix; prima ha dovuto metabolizzare che non potesse fare tutto da solo, poi ha dovuto accettare di mettersi anima e corpo in un lavoro collettivo ed infine, dopo aver considerato le eventuali critiche sulla censura e la purezza politica, ha dovuto fronteggiare la paura più grande (di tutti) ovvero quella di fallire lasciandoci con questa perla finale: "uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto, per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse. Ma non funziona così. La vita è quel salto, quella materia ignota che scivola via appena la attraversi. E' quella cosa che ti cachi sotto - è quella caduta - la vita. Sono tutti gli altri momenti, quelli in cui non salti, che si dovrebbero chiamare in un altro modo. Ma è troppo angosciante per dargli un nome".

Insomma io rimango una fan sfegatata di Zerocalcare ma trovo che abbia disegnato e scritto cose più belle. 

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