mercoledì 11 giugno 2014

Un'estate ho fatto foto (parte sesta)

Parti precedenti:

  1. prima
  2. seconda
  3. terza
  4. quarta
  5.  quinta
Quello che si incuneava in te non solamente quando l'estate stava finendo ma quando qualche ospite del resort, a te particolarmente caro, se ne tornava a casa. E' vero che non ci si può affezionare a tutti ma è anche vero che quando si lavora con tanta gente si creano molti legami. Ogni persona lascia un qualcosa e povero colui che invece passa in modo indifferente.
Tra le persone che ricordo con più piacere c'era il personale della mensa. Sarà che mi vedevano ragazzina, sarà che a volte mi percepivano "straniera" anche loro...sta di fatto che erano davvero premurosi e gentili. Spesso mi invitavano ad unirsi ai loro tavoli e mi suggerivano il piatto migliore del giorno, ma sopratutto non mi hanno mai fatta sentire sola. Erano quasi tutti più grandi e avevano una grande dignità. Mi raccontavano di
essere lì a fare la stagione e che l'inverno era più duro perchè avevano una famiglia ma di lavoro col freddo non ce n'era e molti dovevano (ancora!) emigrare per cercare un'occupazione che li facesse arrivare tranquillamente all'estate successiva. Nelle loro parole sentivo la precarietà e la disillusione che però non sfociava mai in un piangersi addosso. Solo crescendo ho capito perchè talvolta i loro occhi si velavano pensando ai figli che vedevano per metà dell'anno, per quei continui "pellegrinaggi" alla ricerca di un lavoro lontano da casa e troppo spesso sminuito (come quello di coloro che si occupano di pulire, sistemare e cucinare). Una realtà che molti di noi polentoni ignoriamo, che fatichiamo a capire e che spesso fraintendiamo pensando "non hanno voglia di lavorare".
Una sera sono andata a mangiare un'anguria gelata in un chiosco con i miei due Francesco, collega e capo. Era un baracchino con qualche tavolo di plastica e qualche sedia. Il proprietario ti faceva scegliere l'anguria, te la portava sul tavolo e te la tagliava davanti. Senza tovaglie, senza tovaglioli, sgocciolava tutta quell'acquetta rosata che avevi paura ti si appiccicasse addosso e invece poi lui...passava con una canna appena finito di affettare e sciacquava via tutto. Ricordo di come iniziammo un discorso sulla difficoltà di una persona di aprire un'attività in questa parte d'Italia dove la volontà era vittima di un "sistema" a cui era difficile sottrarsi o che semplicemente non faceva vivere bene.
L'anguraio si unì e raccontò di tutte le volte che certi loschi personaggi erano passati in motorino, coperti dai caschi, con le pistole in mano ad intimidirlo, di quando gli rubarono tutti i tavoli, di quando appiccarono un incendio, di quando ruppero la finestra di casa sua con la madre anziana che gli chiese di non lottare e lui...

Anticipazione parte settima:
sorrideva con gli occhi bassi pulendo il suo enorme coltello dicendo che chi vive con la paura è già morto e lui viveva bene e continuava a lottare perchè solo così sentiva in pace con sè stesso.
E così, in quella notte d'estate in un angolo verde e buio di mondo, così lontano da casa mia sentii che crescere portava in serbo grandi responsabilità.

Tag:
Giardini Naxos - Taormina - Sicilia - mare - fotografie - villaggio turistico - lavoro - mafia - anguria - mensa - pulizie- mafia

Nessun commento:

Posta un commento