giovedì 13 gennaio 2022

PERSEVERARE E' UMANO - di Pietro Trabucchi

Come aumentare la motivazione e la resilienza negli individui e nelle organizzazioni. La lezione dello sport

Dopo aver scoperto il libro "Bounce" di Matthew Syed mi sono appassionata sempre di più al concetto di apprendimento, allenamento e motivazione. Quando allenavo (pallavolo, ndr) una delle domande che mi ripetevo più spesso era: come trasmettere alle mie atlete la mia stessa passione? Come fare a tirare fuori il potenziale da ognuna di loro? Ma soprattutto: come farle impegnare al massimo in allenamento (e successivamente in partita)?

Ogni tanto ammetto che era difficile entrare in palestra e constatare la passività e l'apatia del gruppo di adolescenti che allenavo e che sembravano come impermeabili ad ogni stimolo e prive di quel "sacro" fuoco interiore che spinge a fare sacrifici più volte a settimana per passione si, ma anche per divertimento

Un passatempo. Gli allenamenti erano un passatempo, un modo per stare qualche ora fuori di casa e vedere le amiche ma raramente c'era quella componente di "pratica intenzionale" che sia Trabucchi che Syed definiscono come fondamentale per progredire nell'attività che si svolge. "La pratica intenzionale richiede un considerevole, specifico e continuo sforzo per fare qualcosa che non sai fare bene, o addirittura che non sai fare per nulla". 

Un concetto fondamentale contenuto nel libro "Perseverare è umano" è che l'eccellenza non sia frutto solo del talento ma soprattutto del

l'applicazione, dell'allenamento, della motivazione e della resilienza (la capacità di persistere, di far durare la motivazione nonostante gli ostacoli e le difficoltà). Una sua proposta provocatoria è quella per esempio di cambiare il nome del programma "Italian's Got Talent" in "I frutti dell'impegno e della determinazione"!

Molto interessante è il secondo capitolo intitolato: "Impegno, talento, motivazione" in cui Trabucchi smonta il mito del talento secondo cui "le prestazioni di eccellenza vengono collegate al possesso di abilità innate". Purtroppo quello che attualmente capita sempre più spesso è invece di sentire di persone nate talentuose quando invece è stato dimostrato dagli studi di Ericsson che "le grandi prestazioni in qualsiasi campo, dalla musica agli sacchi, dallo sport all'arte e alla letteratura sono frutto in maniera preponderante dell'esercizio e della preparazione piuttosto che di capacità innate". E qui Trabucchi cita, come Syed, la regola delle diecimila ore per raggiungere l'eccellenza.

Credere che il talento sia solo una questione genetica porta a passività e rassegnazione. E purtroppo a farcelo credere sono anche gli organi di informazione che spesso descrivono le imprese solo come frutto di talento senza sottolineare adeguatamente il duro lavoro che c'è stato dietro le imprese. Un esempio che ho appena scoperto ma che riguarda uno sportivo degli anni '70 è quello di Pete Maravich il baskettaro definito dagli addetti ai lavori come il primo showman del parquet, un atleta formidabile che non solo aveva notevoli doti tecniche ma che amava far divertire il pubblico. E sapete una cosa? Da piccolo giocava con la palla fino ad otto ore al giorno d'estate e tre d'inverno. Tra le cose che faceva per divertimento c'era palleggiare mentre pedalava in bicicletta o... palleggiare fuori dal finestrino mentre suo padre guidava l'automobile!

Sempre nel secondo capitolo Trabucchi scrive della pratica sportiva giovanile definita "uno spettacolo consueto e desolante" piena zeppa di genitori che spingono i figli "schiere di adulti-bambini insoddisfatti e aggressivi… che sfruttano i figli per ottenere delle gratificazioni narcisistiche". Oh quanti ne ho incontrati nella mia breve esperienza di allenatrice di genitori così..!

Eppure nelle imprese, sportive soprattutto dico io, è la motivazione intrinseca che fa la differenza, l'auto-motivazione, che dovrebbe legarsi al piacere di sentirsi competenti e al gioco, al divertimento

"Sentirsi capaci produce piacere e divertimento, e questo spinge a impegnarsi. L'impegno fa diventare ancora più capaci e competenti e così via in un circolo virtuoso". 




Quello che è emerso da innumerevoli studi ed esperienze è che la persuasione verbale non basta a motivare le persone. E allora cosa serve? Non c'è una ricetta magica che vale per tutti ma quando si lavora con un gruppo, per esempio, si dovrebbe cercare di "entrare in sintonia con le motivazioni intrinseche altrui, fare sentire le persone capaci, riconoscere le loro competenze e i loro progressi". 

L'ultimo capitolo è dedicato alle individualità che formano un gruppo che non sempre riescono però a formare un team, una Vera Squadra "ovvero un gruppo caratterizzato dall'essere composto da persone con una forte motivazione individuale, ma che sono capaci di mettere questa motivazione al servizio di un obiettivo comune". 

Il libro di Pietro Trabucchi è un testo godibile e piacevole, pieno di spunti di riflessione che non riguardano solo lo sport ma che ci fanno guardare con altri occhi anche il nostro approccio alla vita (viene anche toccato il concetto di meditazione e di mindfulness). La cosa positiva è che mi ha suggerito nuovi modi di pensarmi come persona e come allenatrice, nell'ipotesi che un giorno mi sarà consentito di rientrare in palestra senza il ricatto vaccinale. Staremo a vedere!

Qui il link con tutti gli altri libri recensiti in ordine alfabetico: buona lettura!

"Non è perché le cose sono difficili che non osiamo farle, è perché non osiamo farle che diventano difficili" - Seneca

"La perseveranza è il duro lavoro che fai doto che ti sei stancato del duro lavoro che hai fatto" - Newt Gingrich

"Le persone dimenticheranno quello che hai detto, non ricorderanno quello che hai fatto, ma non scorderanno mai come le hai fatte sentire" - Maya Angelou






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