venerdì 14 ottobre 2016

Lettera ad amici, parenti e tifosi

Quando ho iniziato a giocare ero una giovane promettente: bassina ma che saltava. Quando decisi di andarmene dalla società in cui ero cresciuta mi fu augurato di


fare il fenomeno in prima divisione e per me è stata come una scommessa: dimostrare di valere di più. Sono partita dalla serie C e giocavo poco perché ho scoperto che nella pallavolo una dote importante per giocare fosse... l’avere qualche parente che faceva da sponsor. Quando retrocedetti con pochi punti ricordo ancora la penosa soddisfazione del padre di una mia (cara) amica e compagna delle giovanili che incontrai a fine anno. Sua figlia non metteva piede in campo ma lui godeva del fatto che la mia squadra fosse retrocessa. Quando decisi di andare a Castellanza fu la mia più grande scommessa. Su me stessa. Partivo tutte le sere da Lambrate con il treno per la squadra dove c’era il secondo allenatore che aveva speso mille click per votarmi come miglior centro della Lombardia. Riscoprii la passione per la pallavolo con Emilio, un allenatore diverso dagli altri, particolare e che a volte mi faceva piangere ma che mi capiva e soprattutto mi faceva divertire. Vincemmo la C ed approdai in B2 senza genitori improvvisatisi dirigenti per accaparrarsi un posto in società per loro e prole. Con tanta fatica e qualche amica che si perdeva per strada per l’invidia. Poi c’è stata la B1 e sono stati anni incredibili. Il raggiungimento di un traguardo insperato, la mia passione che diventava un lavoro, il sogno che si scontrava con la realtà, il divertimento che diventava sempre più raro, la difficoltà di essere (consapevolmente) al limite nella categoria. Eppure ce l’ho sempre messa tutta. Ho sopportato che dicessero che oltre ad essere troppo bassa fossi anche scarsa a muro. Ho migliorato la mia dote migliore, l’attacco, mi sono data da fare in ogni ambito della pallavolo. Mi sono spostata di ruolo, ho sacrificato una spalla a questo sport, scrivevo un giornalino per far passare il tempo ai fedeli genitori e/o amici che ci accompagnavano. E le migliori soddisfazioni arrivavano sempre dalle persone più... lontane. Ricordo ancora un dirigente di una squadra piacentina che quando mi ha vista mi ha fatto doppi complimenti: perché ero veramente tra le più basse della B1 e nonostante questo me la cavavo bene e perché ero molto obiettiva nello scrivere le cronache delle nostre gare sul famoso forum del volley lombardo. Ma le soddisfazioni sono rare e le persone invidiose e sapete le maggiori interazioni quali erano? Quelle per correggere qualche mio errore grammaticale!
Dopo i difficili anni di Vigevano la pallavolo è improvvisamente scomparsa. Ciò che era stato parte fondamentale della mia vita per oltre dieci anni non c’era più e… non ho accusato nessun vuoto. E non sono parole false. Grazie all'adozione di Cam ho scoperto che ero entrata in un circolo vizioso di cui non mi ero accorta di far parte. Giocavo perché l’avevo sempre fatto e non perché lo volessi. Questi due anni e mezzo di lontananza dai campi mi hanno fatto capire che la pallavolo mi piace sempre ma che deve essere un gioco. A volte servono sacrifici ma quando andare all'allenamento diventa un peso non ha senso farlo. Ho imparato che medaglie non ne danno e che spesso anche quando si da il tutto per tutto si torna a casa con insulti e malumori. Oggi che la pallavolo non è più un lavoro esigo sia un divertimento. Se no per me non ha più senso. L’ho realizzato l'anno scorso a Segrate, in quella prima divisione dove finalmente si è realizzato l’anatema della presidentessa della mia prima squadra. Ed effettivamente lo facevo. Dopo due anni ferma, anche senza allenamenti, facevo più punti di tutte le mie compagne e questo… dava fastidio. Possibile? Ero l’attaccante più forte e l’alzatrice? Non mi dava la palla. Le bambine facevano il tifo per me? Il dirigente è andato a dire che deconcentravano la squadra! Bambine di 10 anni che vengono a fare il tifo con cartelloni ed entusiasmo bloccate perché una delle compagne si era risentita che facessero il tifo per me e non per qualcun altro. Possibile? Ho visto anche questo. Ed è forse la cosa che mi ha delusa di più in tutti gli anni di pallavolo. Perché l’entusiasmo dei bambini è qualcosa di bello e contagioso, di puro, di innocente e di spontaneo e in vita mia non mi era mai capitato di veder imposto un silenzio-tifo per non indispettire una persona la cui massima aspirazione era quella di stordirsi con l’alcool.
Quest’anno gioco ancora, domani inizia il campionato di serie D e vi rivolgo un invito: giocherò di sabato alle 21 in quel di Carugate. Sbaglierò delle battute, tirerò fuori dei lungo linea e ciccherò, come spesso mi è capitato, qualche muro. E lo farò anche se ho giocato in B1, cosa che più che essere motivo di orgoglio è purtroppo spesso motivo di sfottò.
Mi piacerebbe se veniste a fare il tifo, quello vero:
"tifare Fare il tifo, parteggiare con accesa passione per una squadra sportiva o per un atleta. Per estens., essere accanito sostenitore di qualcuno per il quale si dimostra entusiastica ammirazione".
Se invece vedete l’andare ad una partita per sfogare le vostre frustrazioni… state a casa dai. Accartocciate fogli di giornale, prendete a calci una palla, rompete qualche piatto. Ma non fate come i tifosi di una squadra vista recentemente che gridavano SUCA alle avversarie. Il rispetto prima di tutto.
Come sempre cercherò di mettercela tutta e sarò felice di vedere facce amiche con cui poi passare del tempo insieme anche fuori dal campo perché a volte ci si dimentica che in quel quadrato, oltre che giocatrici, ci sono prima di tutto persone. Come noi e voi.
Buon anno a tutti




4 commenti:

  1. La pochezza delle persone.
    Si vedono le dinamiche che descrivi tu in ogni abito purtroppo :(

    Bella lettera, in bocca al lupo!

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    1. Ciao,
      il tuo commento mi fa capire che sono riuscita a comunicare quello che provavo. Hai ragione: queste dinamiche, purtroppo, si ritrovano in ogni ambito. Quello che non mi piace della pallavolo è che alcune persone che lo praticano dicono: "il nostro è uno sport differente" quasi ad elevarlo invece, come hai colto bene tu, non è lo sport che fa la differenza ma le persone.
      Grazie ;-)

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  2. Bellissime parole e soprattutto .. tutto vero.

    E come dice spiritodeimonti .. sono dinamiche che ritroviamo in ogni ambito!


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