venerdì 10 aprile 2020

Il vecchietto in coda

Dopo il bambino-scarafaggio oggi vi racconto del vecchietto in coda. Quelle persone la cui fascia d'età li assurge a walking dead, esseri che uno starnuto potrebbe cancellare dalla faccia della terra. Poi lasciamo perdere cosa accade davvero negli ospedali, come venga discutibilmente curata la gente e come qualcuno per salvarsi debba firmare per tornarsene a casa... E di storie così ce ne sono molte, io personalmente conosco due coniugi di 74 ed 84 anni che hanno firmato per uscire dall'ospedale in quanto non veniva loro fornita reale assistenza sanitaria!
Ero in coda per fare la spesa. Qui dove abito siamo arrivati al paradosso: andare a fare la spesa in base alla lettera iniziale del cognome. Quindi se normalmente fuori dai supermercati c'era un'ora e mezza di coda... magicamente sono diventate quasi tre le ore di attesa! Guardate l'immagine qui sotto e poi se volete spiegatemi la logica:

Il secondo risultato è stato quello che... le distanze tra le persone sono, inevitabilmente, diminuite (ci vorrebbe piazza San Pietro per far stare ordinate e distanti le persone in attesa). Ricordiamo poi che... si tratta appunto di fare la spesa. File simili si sono viste solo in guerra. Che i cittadini italiani inizino a farsi qualche domanda sulla reale situazione del proprio Stato...

Morale ero in fila e vedevo guizzare occhi a destra e manca. Certo è diventato difficile interpretare le espressioni delle persone distanti ma unite vicine a te perché ormai ci hanno obbligati tutti ad imbacuccarci alle bell'è meglio ma un paio di occhi in particolare mi guardavano con insistenza. Erano quelli del sig. Giuseppe, Pino per gli amici. Pino ha visto che non abbassavo lo sguardo ne mi giravo spazientita e è partito con l'aggancio: mi ha raccontato che è vedovo da sette anni, ha perso la moglie in un incidente. Ha 84 anni e suo figlio abita in un altro comune. Ha una nipotina che non vede da quasi due mesi e... si sente tremendamente solo. Mi diceva: "prima
ci vedevamo almeno una volta a settimana nei weekend, io uscivo durante la settimana almeno due volte al giorno e mi mettevo a giocare a carte sui tavoloni nel parchetto oppure davanti alle panchine del panettiere. Ogni mattina mi incontravo col Ruggero e Salvatore, quello che va in giro col cane senza guinzaglio e stavamo li a chiaccherare e guardare la gente che passava; ora sono giorni che non parlo con nessuno, ogni tanto in casa urlo per vedere se ho ancora la voce. Nessuno dei miei vicini si affaccia mai alla finestra, non incontro più nessuno nemmeno in ascensore. Ho chiesto la consegna dei medicinali a casa perché la farmacia è lontana e me li hanno lasciati sullo zerbino, non ho fatto in tempo a girare la chiave che erano già andati via. Ogni tanto mi metto in coda nei supermercati per parlare con qualcuno più che per fare la spesa anche perché quando entro è quasi finito tutto... e la cosa peggiore è che quando provo a scambiare due parole la gente o mi ignora o mi risponde a monosillabi. Scusa se ho fatto un soliloquio ma davvero non parlo più con nessuno da così tanto tempo che a volte non mi sembra neanche di esistere: la gente che incontro non alza neanche gli occhi per timore di riconoscerti e di dover scambiare due parole... meno male che voi giovani avete meno paura".
Man mano che la fila avanzava si sentiva la gente dietro di noi che mormorava perché ogni tanto lui si attardava e non scattava a chiudere il mezzo metro apertosi davanti a noi!
Mi ha chiesto se fossi sposata, se avessi qualcuno di bravo in casa con cui ridere perché ridere è fondamentale per non deprimersi e mi ha detto: "si preoccupano di noi vecchi che non ci ammaliamo e ci lasciano isolati nelle case, che poi per voi giovani due mesi non saranno nulla ma alla mia età... ogni giorno è un regalo e potrebbe essere l'ultimo. E io non ho voglia di passarlo chiuso in casa".
Mi ha salutato quasi commosso, parlandomi della bellissima nipotina che faceva danza.
Tre ore di coda per prenderle un uovo senza sapere quando avrebbe potuto darglielo. Quanto amore?


 
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