giovedì 3 giugno 2021

Pandemia: come si è messa in moto la macchina che semina paura e "vende" rimedi

 Articolo comparso su Il sole 24 ore a... Dicembre 2009 a cura di Tom Jefferson (coordinating editor Cochrane Vaccines Field)!


ce n'è anche per i vaccini:
La verità sui vaccini: nessuno sa se e quanto funzionino davvero
I vaccini antinfluenzali inattivati con o senza adiuvanti (la fetta preponderante di mercato) sono prodotti con pezzi di virus “morti” assomiglianti il più possibile ai virus che probabilmente circoleranno nell’autunno successivo. Sono nuovi ogni anno: la “ricetta” resta la stessa, gli ingredienti cambiano. Scegliere gli antigeni è una procedura delicata perché le risposte delle nostre difese immunitarie sono molto specifiche. Non solo. Siccome l’intera procedura è basata sulla previsione, non possiamo verificare se realmente il vaccino previene i sintomi prima di registrarlo. Dobbiamo affidarci a misure intermedie, detti “esiti surrogati”: le risposte anticorpali indotte dal vaccino in una serie di volontari, confrontate con quelle indotte in volontari cui è stato iniettato placebo. Per essere certo che le caratteristiche dei due gruppi siano uguali, devo assegnare i volontari all’uno e all’altro braccio su base causale (randomizzazione). Il trial randomizzato è considerato il metodo più affidabile per valutare l’efficacia di qualsiasi farmaco anche se raramente, per la scarsa durata e le piccole dimensioni, può rilevare effetti indesiderati rari, ovvero a lungo termine. La forza dell’assegnazione casuale sta nel fatto che le diversità note e ignote fra partecipanti si annullano a vicenda essendo presenti in egual misura nei due bracci. Nel caso dei vaccini antinfluenzali la debolezza sta nell’uso inevitabile di quantità di anticorpi come esito surrogato. È difatti discutibile la relazione fra esito vero, detto di campo (diminuzione o prevenzione dei sintomi, interruzione della trasmissione virale, diminuzione delle complicanze e mortalità) ed esito surrogato. Ma c’è un rimedio utile: la sintesi di tutti gli studi eseguiti su vaccini che hanno usato tecnologie simili alle attuali. Il loro studio dovrebbe darci un’idea della performance passata e futura. La revisione sistematica dei vaccini antinfluenzali è stata condotta nell’ultima decade dividendo la performance per fasce di età e rischio. Il mio gruppo ha condotto e aggiornato ogni 2-3 anni molte revisioni nell’ambito della collaborazione Cochrane, una rete internazionale di ricercatori e consumatori che conducono revisioni su centinaia di interventi (farmaci, vaccini ecc.) non a fini di lucro. Recentemente abbiamo condotto e pubblicato una maxi-revisione di tutti gli studi (274) condotti su tutte le età e i gruppi di popolazione pubblicati dal 1949 al 2007 che riportassero esiti di campo, e confrontassero la performance dei vaccini con placebo o col non far niente. Nonostante i numerosi aggiornamenti, le nostre conclusioni non sono cambiate molto. Prove di buona qualità (soprattutto trial) dimostrano che nei bambini sotto i due anni i vaccini sono inefficaci. Nei bimbi più grandi, negli adolescenti e negli adulti sani i vaccini hanno una certa efficacia nel prevenire i sintomi e accelerano il ritorno al lavoro di mezza giornata in media. Le cose si complicano negli anziani, nonostante la mole di studi eseguiti (70 che riportano osservazioni su 100 stagioni influenzali in continenti diversi lungo 50 anni). I trial rilevanti sono solo 3: uno è un piccolo studio di sicurezza, uno è stato terminato precocemente per motivi mai chiariti e l’ultimo, che ha oltre 15 anni, mostra un beneficio nella prevenzione dei sintomi ma le sue dimensioni sono tali (1.348 partecipanti) da non poter dimostrare o meno efficacia contro gli esiti importanti ma rari. I rimanenti 65 studi sugli anziani sono tali da non fornire una risposta chiara. L’assenza di randomizzazine fa sì che qualora vi siano differenze fra i due bracci, siano spiegabili o con gli effetti dei vaccini o con differenze fra partecipanti. Caso estremo che dimostra la pessima qualità di questi studi: una ventina riporta efficacia dei vaccini valutata fino al 90% contro le morti per tutte le cause. Un vero assurdo: ricercatori canadesi e americani hanno poi dimostrato che l’influenza può al massimo causare il 5% di morti negli anziani anche in pieno inverno. L’assenza di assegnazione casuale fa sì che simili risultati siano probabilmente imputabili a differenze fra i due bracci (a esempio vengano vaccinati anziani in migliori condizioni) o comunque a differenze imponderabili. Un altro esempio è la valutazione di effetti collaterali di questi vaccini in studi condotti su tutte le fasce di età, scarsamente effettuata negli studi non randomizzati. Su 135, solo 17 studi prendono in considerazione gli effetti collaterali

NON TUTTO E' INFLUENZA ANZI POCHISSIMO
Vi sono altri motivi per dubitare della qualità di quanto si legge negli studi dei vaccini influenzali. Nella maxi-revisione abbiamo analizzato il possibile perché dell’assunzione di queste tecnologie a livelli globali nonostante l’assenza di prove convincenti sulla performance. Abbiamo analizzato la relazione interna fra le varie parti dei testi degli studi pubblicati, se le conclusioni erano giustificate dai dati, il livello di prestigio delle riviste su cui erano stati pubblicati, il loro livello di citazione e da chi erano stati finanziati. I risultati sono stati illuminanti. C’era una relazione fra la qualità metodologica dello studio e le conclusioni: gli studi buoni avevano una probabilità 16 volte superiore di quelli di cattiva qualità di riportare risultati sfavorevoli ai vaccini e coerenti con i risultati presentati. Gli studi con finanziamento pubblico sostenevano conclusioni meno favorevoli ai vaccini di quelli a finanziamento privato. Vi era poi una discordanza netta fra quanto riportato nell’abstract degli articoli e il testo. Come tutte le vetrine la maggior parte degli abstract invitavano a comprare il prodotto che poi si rivelava scadente. Ma l’analisi successiva ci rivelava una cosa mai vista: gli studi a finanziamento privato avevano più probabilità di essere pubblicati su riviste di prestigio megagalattico. Una differenza non spiegabile né con la qualità né con le dimensioni dello studio, probabilmente da collegare alla fame di commesse delle grandi riviste (pubblicità ed estratti degli studi stampati su carta pregiata con il logo della rivista). Il ricavo di queste riviste dalla vendita all’industria è stato quantificato da una piccola inchiesta. Abbiamo chiesto un preventivo per la ristampa di un articolo di 8 pagine dal New England Journal of Medicine. La richiesta è stata di circa 90mila euro, contro i meno di 3mila chiesti dalla tipografia sotto casa. Nessun ricercatore può permettersi le cifre richieste dal Nejm senza un notevole “aiuto”. Il colpo di grazia lo ha comunque assestato un mio collega sociologo. Ha suggerito di mettere in correlazione l’andamento dell’indice di prestigio di pubblicazione negli ultimi venti anni su riviste degli studi in questione con l’andamento in Usa delle morti per influenza (si veda il grafico). L’uno è in sensibile ascesa, l’altro è stabile. La crescente importanza dei vaccini influenzali è un evento mediatico e non di Sanità pubblica. Abbiamo condotto una ulteriore revisione analizzando l’uso delle prove scientifiche sui vaccini in 5 documenti di politica vaccinale: Oms, Germania, Australia, Usa, Canada e Regno Unito. Ciò che abbiamo trovato è da brivido. Un esempio è rappresentato dalle raccomandazioni del Robert Koch Institute Tedesco (frettolosamente rimosse dal sito dopo la pubblicazione della revisione) sull’opportunità della vaccinazione in gravidanza: «Per quanto riguarda la vaccinazione antinfluenzale in gravidanza, le industrie farmaceutiche ci dicono che non vi sono studi che valutano la sicurezza vaccinale in gravidanza, quindi i danni sono ignoti, perciò non vi sono controindicazioni». Questo ragionamento sbalorditivo nella sua leggerezza denota anche una notevole ignoranza perché esisteva uno studio americano eseguito su una popolazione molto piccola che tuttavia avrebbe dovuto essere citato. Questo panorama non certo esaltante di abisso fra politica vaccinale antinfluenzale e scienza rivela una situazione complessa di stretti legami fra industria, esperti e media scientifici, a cui si devono aggiungere i media laici, di gran lunga i più potenti megafoni della lobby vaccinale antinfluenzale. Vaccini inutili per non-influenze. Ritorniamo ora alla confusione fra sindrome influenzale e influenza. La consapevolezza che la sindrome influenzale e non l’influenza dovrebbe essere il nostro bersaglio è al tempo stesso una spiegazione del perché vaccini e interventi specifici per due (cioè i virus influenzali A e B) delle centinaia di agenti possono essere tutt’al più un sostegno e non una soluzione. L’efficacia vaccinale, espressa in percentuale, è una funzione matematica sensibilissima al numero di casi di influenza che si verificano in un periodo. Quindi la presenza più o meno massiccia dei virus influenzali detta il livello di efficacia vaccinale. Poiché l’influenza è una causa assai modesta di sindrome influenzale, i vaccini non potranno altro che avere un impatto modesto o addirittura zero specialmente sulle rare complicanze, come dimostrano i dati scientifici (si veda il succitato unico studio attendibile sugli anziani). La buona scienza mente di rado. Ora guardate lo stesso concetto espresso in maniera diversa. I dati delle torte derivano da due revisioni sistematiche. La torta grande di sinistra indica l’ipotetico numero di persone (10.000) che hanno partecipato agli studi compresi nella nostra maxi-revisione in qualità di controlli. Persone seguite attentamente per mesi durante il periodo autunno-inverno, nonostante non fossero state vaccinate. I dati dai 274 studi (oltre 4 milioni di osservazioni) dimostrano che in media 700 persone si ammalano ogni anno di sindrome influenzale. A loro volta di questi 700 circa il 10-15% ha una sindrome influenzale causata dall’influenza, ma la fetta più grossa ha cause non identificate. Subito dopo viene la fetta dovuta ad altri agenti, diversi e scarsamente noti al pubblico. Questo è ciò che fa vedere la torta di destra basata su oltre 27mila campioni raccolti da studi di buona qualità pubblicati negli ultimi 10 anni. È evidente che un intervento di massa come la vaccinazione per colpire un agente relativamente raro come il virus influenzale ha scarso senso. Circa l’11% dei campioni presi da soggetti con sindrome influenzale erano positivi per più di un agente. È impossibile in questi casi stabilire quale agente causa quali sintomi o complicazioni. Gli interventi di Sanità pubblica che hanno più probabilità di riuscire, quindi, non sono per necessità biologica interventi specifici per questo o quell’altro virus, ma devono essere ad ampio spettro.





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