mercoledì 28 aprile 2021

LA SIGNORA DALLOWAY - Virginia Woolf

Dietro la lettura di questo libro c'è una storia particolare che parla delle strane coincidenze della vita: poche settimane fa avevo letto, sempre di Virginia Woolf, "Una stanza tutta per "  libro che mi aveva fatto venire voglia di scoprire qualche altra opera di questa scrittrice inglese. 
Per prima cosa ho cercato una sua biografia, rimanendo però delusa da quella di Nadia Fusini "Possiedo la mia anima". Allora avevo messo nella mia lista dei libri che vorrei qualche titolo della Woolf quando, lasciando per caso un libro alla cabina per il bookcrossing di Bussero, in un ripiano ho trovato  proprio un libro della Woolf che volevo, questo: "La signora Dalloway"! 
La cosa particolare è che ero passata pochi giorni prima da quella cabina e c'erano sempre gli stessi libri ed invece l'ultima volta, in verde, sul ripiano più visibile ecco quello che è unanimemente considerato uno dei libri migliori di Virginia Woolf.


Purtroppo però questo libro non era come mi aspettavo e ho faticato a leggerlo, mettendoci quasi due settimane per finirlo. Come mai? perché lo stile di Virginia Woolf è molto particolare, a causa dell'uso del monologo interiore dei vari personaggi per descrivere le situazioni. Capita infatti di essere trasportati nei ricordi dei personaggi come trascinati da una corrente poiché questi ricordi e pensieri sono scatenati dagli oggetti più disparati. Questo flusso (plurimo) di coscienza è tale da far perdere di vista l'evento clou del libro ovvero la festa serale che sta organizzando la protagonista: Clarissa Dalloway. 

La trama de "La signora Dalloway", romanzo del 1925, è questa: Clarissa è una cinquantenne sposata con un politico che decide di organizzare una festa a casa loro. Mentre va a prendere i fiori per la serata, le tornano in mente alcuni episodi della sua gioventù (tra i quali la bruciante passione per una donna, Sally Seton) e riflette sulle sue scelte di vita. Anche altri personaggi si perdono in pensieri e ricordi, come il suo eterno innamorato Peter Walsh, appena tornato dall'India e il triste personaggio di Septimus Warren Smith, giovane reduce di guerra incapace di vivere come prima del conflitto. Alla festa accorrono conoscenti più o meno intimi della coppia ed anche il Primo Ministro mentre Clarissa, da ottima padrona di casa, cerca di dedicarsi ad ognuno di loro ma faticando a trovare il tempo per gli amici più cari: Peter e l'auto-invitatasi Sally ora madre di cinque figli. Una notizia rischia però di rovinare la festa: Lady Bradshaw le comunica infatti che un assistito di suo marito si è suicidato! Clarissa ha solo un momento di cedimento poi, osservando la vita nella casa dirimpetto, ritorna in se, felice di essere in vita e di potersi godere quella splendida serata

La storia de "La signora Dalloway" si snoda quindi in una sola giornata (anche se i ricordi dei personaggi toccano diversi periodi temporali) regalandoci un affresco di come fosse la vita a Londra nel 1925. Le descrizioni della Woolf sono così accurate e particolari che sembra di essere sul marciapiede con lei quando arriva l'automobile che incanta la via o quando Peter osserva le persone al parco.

Una cosa però mi ha inquietata (conoscendo la morte di questa scrittrice) ed è il frequente riferimento al suicidio, soprattutto per annegamento. La descrizione dello stato d'animo del depresso ed indifferente Septimus sembra proprio il "diario" di una persona che ha pensato spesso al suicidio e che ci ha riflettuto su molto. Pensare che la Woolf abbia scritto questo libro quindici anni prima di suicidarsi mi ha fatto venire i brividi ma soprattutto tanta tristezza al pensiero di quanta sia stata lunga la sua battaglia contro i suoi "demoni".
Curiosità: sapete di dov'era la moglie di Septimus? di Milano! che nel 1925, veniva percepita come una città verde!



Nonostante la mia difficoltà a seguire questo tipo di scrittura, ho apprezzato la sensibilità con cui Virginia Woolf è riuscita a far davvero entrare il lettore nella mente dei suoi personaggi. Una dote davvero rara che ha mantenuta intatta la mia voglia di approfondire l'opera di questa particolare scrittrice.

  • Lo sa il cielo soltanto difatti perché la si ami si tanto, ciascuno a suo modo, la vita, inventandosela magari, costruendola ciascuno intorno a sé, disfacendola e creandola daccapo ogni momento; anche le persone sciatte e insulse, persino i più miseri degli sventurati che siedono là sulle soglie (e bevono alla loro perdizione) si comportano allo stesso modo; non vi si può porre rimedio - Clarissa ne era certa - mediante Leggi dello Stato, per questa semplicissima ragione: tutti amano la vita.

  • l'estasi religiosa (non meno delle grandi cause) rende insensibili; ottunde i sentimenti.

  • Ma nulla è tanto strano quando si è innamorati quanto l'indifferenza, assoluta, verso le altre persone.

  • Non si possono mettere al mondo figli, in un mondo come questo. Non si può e non si deve perpetuare la sofferenza, né incrementare la razza di questi lussuriosi animali, che non hanno sentimenti duraturi, ma solo capricci, soltanto vane voglie, che li trascinano, ora qua, or là.

  • Gli esseri umano non hanno ne fede, ne gentilezza, ne carità al di la di ciò che serve ad accrescere il piacere del momento.

  • Dal momento ch'é un peccato, mille volte peccato, non dire mai quello che si prova, non esprimere quello che si sente.

  • Quando si è soli si può fare quello che si vuole.

  • Non si può che restare insoddisfatti di fronte alla scarsità dei rapporti umani

  • Il passato t'arrichisce, così pure t'arrichisce l'esperienza, così pure l'aver voluto bene a qualche giovane persona, che in tal modo acquisisci la capacità - che manca ai giovani - di tagliar corto, di fare quello che ti pare e piace, senza curarti di quello che dice la gente, e andare e venire senza grandi speranze. 

  • Perché i giovani non sanno conversare. E a che pro? Ai giovani piace fare chiasso, abbracciarsi, danzare, veder levarsi il sole; offrire zollette di zucchero ai cavalli; baciare sul muso e accarezzare deliziosi pechinesi; e poi correre frementi a tuffarsi, nuotare. Non sanno invece che farsene delle grandi risorse della lingua inglese, del potere che essa conferisce a chi desideri comunicare i propri sentimenti. 

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